Fabbro e stampatori

C’era un tempo in cui le arti manuali la facevano da padrona; un tempo in cui il fabbro era una di quelle persone nate per costruire armi (spade, lance, scudi, ecc.), una di quelle persone che ereditava il mestiere dai suoi predecessori e orgogliosamente portavano avanti il mestiere rendendolo sempre migliore. Poi, il mestiere gravoso di costruire armi è passata alla grande catena delle multinazionali e, i fabbri, si sono reinventati in produzioni artigianali di qualsiasi tipo di oggetto, dal suppellettile da mostrare al cancello per difendersi; ma per quanto lo si voglia definire prestigioso è sempre stato un lavoro faticoso, sottovalutato e oggi, ahimè anche sotto pagato. questa figura un po’ per l’evoluzione industriale, un po’ per la c.d. crisi, sta scomparendo e col lumicino, nelle piccole tradizioni di paese, si riesce ancora a trovarne qualcuno.

Incontrovertibilmente alla manualità del fabbro, sempre sporco in mezzo ai suoi ferri, si è sviluppata la figura dello stampatore, conseguenza di una corsa all’industrializzazione, che ha portato alla creazione di macchinari (come  per esempio le presse idrauliche), in grado di copiare a stampo certe parti metalliche per il fabbisogno giornaliero. Questa nuova figura emergeva dopo secoli di lavori assolti incontrovertibilmente e unicamente dal fabbro. Una figura nata con l’avvento indiscusso dell’industrializzazione; una figura nata per manovrare macchine che assottigliassero pezzi di ferro a tal punto da utilizzarli per dividere, coprire, costruire, lamiere così sottili, costituite dall’uso di ferro e altre leghe, che vengono fatte confluire in macchinari che, attraverso la pressurizzazione, li rendono sottili in base alle esigenze commerciali e alla richiesta di utilità.

Un lavoro che non ha un’ anima, come quella che il fabbro riesce ancora a valorizzare con i suoi lavori, ma è un lavoro meccanico, che non ha pretese di avere giudizi, ma utile per tutte quelle persone ancora legate all’edilizia, al giardinaggio, al fai da te e a qualsiasi altro mestiere o hobby, si possa fare con l’uso di un semplice lastrone metallico più o meno sottile. Ogni battaglia, aveva il suo fabbro. Mai oggi si è parlato con armonia di uno stampatore, se non per l’ utilità di produrre pezzi anche per l’industria automobilistica e per pezzi di armi.

Tutti ricordiamo excalibur, il suo leggendario potere. Sicuramente stregata ma altrettanto sicuramente costruita e da chi, se non da un fabbro molto abile. Potrei continuare a fare paragoni inestricabili anteponendo ai due protagonisti di questo piccolo articolo, la necessità e la virtù di far del proprio mestiere un’arte, qualunque essa sia. Ovviamente le lodi non sono mai per tutti ed è da riconoscere che la padronanza della manualità porta ad elogiare il fabbro che da millenni ancora resiste nel nostro quotidiano.

Tessere le lodi per uno stampatore lo si può fare sicuramente, poiché l’abilità manuale è stata assorbita da meccanismi produttivi, a cui anche lui come persone deve resistere. Meccanismi che logorano e alienano la vita rispetto all’esistere. Far bene il proprio lavoro qualunque esso sia è la principale virtù di tutte quelle persone che usano la manualità, o le macchine per rendere la nostra vita meno faticosa, più aggraziata, migliore rispetto a come lo era ai tempi di quelle tante guerre dove alla fine non si era fabbri, scudieri o cavalieri, ma perone alla ricerca di gloria. Questo facciamo anche noi oggi, esprimendolo attraverso ciò che ci è concesso, con il nostro lavoro e con la nostra quotidianità.

Fabbro o stampatore di certo non è un dilemma, di certo non deve diventare motivo di rivalità, di certo dobbiamo rispettarli e apprezzarli. Ci sono porzioni di lavoro che la nuova industria sottrae a tutti; la globalizzazione inghiotte voracemente ciò che facciamo, ma non dobbiamo dare spazio alle virtuose ipotesi di chi non ha un sentimento nel riconoscere l’utilità delle cose per quelle che sono, per ciò che servono e per dare la possibilità di andare avanti, sempre.

Fabbro o stampatore è una disputa che non può ragionarsi sulla carta, ma deve valorizzarsi per ciò che ognuno rappresenta nel proprio vivere. Scelte volute, scelte indotte, costrizioni o ripieghi, ognuno ha la sua vita è fa delle scelte ponderate o meno e, mentre noi siamo qua a raccontare ciò che noi crediamo loro siano, queste persone vanno avanti a fare ciò che meglio sanno fare: il proprio lavoro. Ora, se mi è concesso al margine di questo mio soliloquio, vorrei esprimere il mio grande apprezzamento a queste due categorie di lavoratori che, nonostante tutto, nell’intreccio di questa modernità, ove tutto è inghiottito dalla tecnologia, resistono a busto eretto alle intemperie di ogni singolo giorno, mostrandosi tenaci e coraggiosi, nel continuare a produrre strumenti, arnesi e componenti vari che noi tutti utilizziamo, senza nemmeno accorgercene ogni singolo giorno che passa i n questa nostra quotidianità.